Non ci avevo mai pensato, non mi ero mai messa completamente dalla parte di chi mi sta di fronte come genitore, ma grazie a un caro amico che mi ha coinvolto nelle sue esperienze, in questi giorni ho cominciato a riflettere su dislessia e genitori, su quanto sia importante questa legge di tutela, ma allo stesso tempo a quanta paura possa generare paura di venire etichettato, di essere qualcosa che non si sapeva di essere e che non si sa ancora bene cos’è.
Importanza della legge di tutela
La legge 170 del 2010 è una legge fondamentale che ha cambiato, migliorandola, la vita di moltissimi studenti e, sicuramente, anche la vita di noi insegnanti che possiamo lavorare coinvolgendo tutti i bambini e i ragazzi nella lettura e nello studio; eliminando insoddisfazione e stress, sensazione di fallimento e conseguente rifiuto di tutto quello che sembra insormontabile e difficile. Non capisco perciò non sono capace è spesso l’equazione di questi bambini alle prese con le prime difficoltà di lettura, di pronuncia e di distinzione dei suoni, con conseguente perdita di autostima e allontanamento progressivo dall’ambiente scolastico. Le misure dispensative e compensative previste dalla normativa hanno fatto molto, prima fra tutti eliminare quell’equazione e sostituirla con in questo modo non capisco forse, posso farlo in un altro oppure non riesco a farlo, ma se utilizzo questo strumento tutto è più facile. È come accorgersi di non vedere più nitidamente le figure in lontananza e poi magicamente vedere risolto il problema inforcando gli occhiali.
Etichette o no?
La legge ha fatto molto, ha alleggerito, ha aiutato, ma quanti genitori e alunni vivono ancora come un’etichetta il piano didattico personalizzato? Un marchio che avvisa tutti che i propri figli sono diversi, che non riescono come gli altri, che hanno bisogno di qualcosa in più o in meno. Per tutti noi indossare gli occhiali è normale appena ci accorgiamo di non vedere bene e non lo viviamo certo come un limite, basti pensare al ruolo fashion delle montature. Eppure è ancora difficile per studenti e genitori accettare di parlare di dislessia. Per noi addetti ai lavori è qualcosa di assolutamente normale e non discriminativo, nella mia esperienza di docente molte volte mi è capitato di non notare nessunissima diversità tra i miei alunni, anzi spesso chi ha difficoltà è più determinato e caparbio a centrare l’obiettivo. E poi c’è chi magari ha difficoltà oggettive, ma una grande creatività. Si sa la natura compensa sempre. Ma mi chiedo i genitori quanto sono preparati ad affrontare una diagnosi di dislessia? Come dobbiamo accompagnarli? Come dobbiamo comunicare loro?
Come realmente prevenire o annullare le diversità
In rete ci sono numerosissime fonti, associazioni di settore e professionisti stanno facendo un grande lavoro in ambito informativo, eppure ancora molti non sanno cosa sia la dislessia, la vedono come una malattia o una diversità. Cosa sono i disturbi specifici di apprendimento o bisogni educativi speciali? Mi chiedo come comunicare con i genitori evitando ansia, perplessità, timori di trattamenti diversi o etichette che piombano dall’alto. Forse dovremo semplicemente ricordarci che siamo tutti diversi e che la scuola non è un sistema competitivo, ma una magnifica esperienza che ci porta a esplorare noi stessi, a conoscerci e a conoscere il mondo. E non importa se lo pronunciamo in modo perfetto o no, se facciamo un errore o no, ma importa che lo facciamo divertendoci, entusiasmandoci, sapendo che il nostro problema magari si risolverà o ci accompagnerà tutta la vita, ma non ci impedirà mai di dare la migliore versione di noi stessi.