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Qual è il vero significato dell’uscita didattica?

Fine anno scolastico, maggio il mese ricordato da tutti gli studenti per gite e uscite che incentivano la socializzazione e preparano al dolce far niente delle vacanze, mentre per gli insegnanti incombe l’incubo delle responsabilità degli alunni fuori porta e l’impegno dell’organizzazione a costo zero.

Qual è il vero significato dell’uscita didattica?

Se per tutti si chiamano gite, no per gli insegnanti e il burocratese scolastico è assolutamente vietato usare questo termine. Guai a chiamarle così! Per tutti deve essere uscita didattica, forse con la speranza che, cambiandone semplicemente il nome, mutino anche la struttura, gli scopi e gli atteggiamenti. Come al solito all’interno della scuola ci si aspetta risultati diversi, modificando solo l’aspetto esteriore e non la sostanza.

Se la gita è una semplice passeggiata o uscita a scopo ricreativo o turistico, il che implica anche l’istruzione, l’uscita didattica rappresenta esattamente la stessa situazione, ma con un termine più altisonante che presuppone, con quell’aggiunta didattica, quasi l’obbligo di imparare, di apprendere qualcosa di nuovo. Ma quale gita o uscita fuori dal contesto abituale non regala apprendimento? Qualsiasi esperienza nuova lo genera.

Non è lo scopo di questo scritto contestare la nomenclatura scolastica, anche se a me il termine gita piace molto di più, anche perché molto più significativo, e lo continuerò a usare. Qui si vuole analizzarne il significato e lo scopo e la sua fondamentale e indispensabile presenza nel contesto dell’apprendimento.

Il viaggio come luogo di apprendimento

Se ogni esperienza esterna al proprio ambiente genera apprendimento solo per il fatto che ci si trova in un ambiente nuovo, mai esplorato, la gita dovrebbe essere parte integrante della scuola e non semplicemente relegata a fine anno scolastico. Il viaggio porta con sé, nell’atto dell’andare e venire e in quello di esplorare, la necessità del conoscere, quello che sta fuori di noi, ma anche quello che sta dentro di noi. Da la possibilità di tessere relazioni: tra persone e tra persone e luoghi.

L’esperienza del breve viaggio dovrebbe essere una costante e un obbligo in ogni esperienza didattica, perché è di per sé formativa. Dovrebbe essere il punto di arrivo o il punto di partenza di un percorso così che imparare no rimanga soltanto un atto teorico confinato nei libri, ma qualcosa di concreto che mette in comunicazione la scuola con il mondo esterno.

Divertendosi si impara

La gita non dovrebbe mai vergognarsi di essere ricreativa e diverte perché è divertendosi che si impara. Immaginiamo l’apprendimento sempre come qualcosa di difficoltoso e faticoso, ma questo è assolutamente un falso mito, l’uomo apprende solo nel piacere, se si parla di apprendimento a lungo termine, perciò dobbiamo favorire la presenza di luoghi di apprendimento stimolanti e diversificati.

E soprattutto dobbiamo ricordarci che la scuola non può pretendere di definirsi come unico luogo di apprendimento. Le aule scolastiche sono solo uno dei possibili ambienti di apprendimento. Se facciamo frequentare ai bambini, già da piccoli, musei e mostre svilupperanno presto la capacità e il desiderio di vivere anche questi ambienti e soprattutto impareranno le regole per vivere questi luoghi.

La gita come luogo di incontri

La gita ha un importantissimo ruolo socializzante, soprattutto in fase adolescenziale, perciò perché non realizzare delle vere e proprie uscite che abbiano come scopo principale proprio la socializzazione. Certo non ne basta una all’anno, magari relegata a fine maggio, ma l’ideale sarebbe strutturarne varie durante l’anno, dando così la possibilità ai ragazzi di conoscersi e frequentarsi in un contesto altro.

Ideale l’organizzazione di un’uscita di una settimana in un contesto in cui i ragazzi possano sperimentare, sotto la vigilanza degli adulti insegnanti, la libertà responsabilizzante dell’autogestione. In cui ognuno possa mettere a servizio degli altri le proprie passioni o scoprirne di nuovo, dedicandosi alla cucina, all’organizzazione delle varie attività e uscite e perché no alle pulizie e all’ordine, facendo così esperienza anche in questo campo.

Più gite, tutto l’anno

Le uscite didattiche non hanno alcun significato relegate a fine anno scolastico, servono forse, come molto altro nella scuola, solo a chi è già interessato e già abituato a frequentare certi luoghi. Le uscite didattiche, per essere realmente utili a tutti, dovrebbero alternarsi durante l’anno, andando a completare e ad arricchire i percorsi di studio, fornendo la parte pratica, creando situazioni di relazioni e di divertimento.

Molti docenti le ritengono ancora perdite di tempo o inutili momenti di svago che portano con sé molto impegno e responsabilità, a retribuzione quasi zero. Probabilmente però anche questi aspetti dipendono molto da come sono strutturate e proposte oggi le gite. Una maggior frequenza e famigliarità con l’uscita porta anche a maggior capacità di vivere correttamente questi momenti da parte degli studenti. Un clima più sereno e distensivo incentiva a dare la propria disponibilità a portare gli studenti sul territorio.

Senza mai mettere in discussione il concetto che l’aula non è e non sarà mai l’unico ambiente di apprendimento.

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