Il verbo imparare non esiste, questa parola non esprime infatti un’azione, ma un accadimento. Imparare a memoria, invece, è un’azione a tutti gli effetti, peccato che l’80% delle informazioni così immagazzinate si dimentichino in breve tempo. Tutti quanti lo sappiamo, basti pensare a quanto noi adulti ci ricordiamo di ciò che abbiamo appreso a scuola: solo una limitatissima parte. Eppure il sistema di apprendimento mnemonico non è mai stato sostanzialmente messo in discussione.
Questo è solo uno dei molti e interessantissimi spunti che ha dato André Stern alla conferenza di sabato scorso, 1^ giugno, a Belluno, un piccolo compendio per la nuova educazione tenuto da una persona che non è mai andata a scuola, ma che ha molto chiaro cosa la scuola dovrebbe essere. Imparare a memoria non serve a nulla e con questo Stern non intendeva le poesie recitate a mente, ma il sistema di apprendimento basato sull’immagazzinare informazioni.
Il problem solving
La scuola da sempre è un concentrato di informazioni da accumulare e stipare nelle remote aree del cervello. Peccato che la mente umana non sia predisposta per raccogliere informazioni e dati, bensì per risolvere problemi. Tutto ciò che abbiamo appreso leggendo e ascoltando passivamente, è predisposto a scivolare via e a non fissarsi nel nostro cervello a meno che contemporaneamente non vengano attivati i nostri centri emozionali.
Proviamo a fermarci un attimo a riflettere sull’apprendimento del bambino. Cosa potrebbe emozionarlo ed entusiasmarlo tanto da attivare questi centri emozionali? Certo non lo stare seduto ad ascoltare un adulto, magari poco convinto, perché costretto da un sistema, poco duttile e flessibile, e imposto a tutti indistintamente. Probabilmente il gioco lo entusiasmerebbe di più. Sì, il gioco, che il bambino compie spontaneo fin da piccolissimo proprio per esplorare il mondo. Se questa attività gli permette grandi scoperte e conquiste da piccolo, perché eliminarlo? O confinarlo in un contenitore temporale limitato e controllato?
L’importanza del gioco per il bambino
L’importanza del gioco, il gioco spontaneo è immensa. Pensiamo solo al gioco di ruolo e alla possibilità che hanno così i bambini di personificare e vivere i panni di ruoli diversi, come quello della mamma, del papà o della maestra e del dottore andando a esprimere se stessi, il loro vissuto, le idee, le paure. L’importanza del gioco, non solo nella prima infanzia, è immensa per questo non andrebbe mai interrotto, ma incentivato predisponendo un ambiente adatto e veicolando tramite il gioco conoscenze e informazioni.
Una scuola più vicina alla vita
Forse così la scuola si trasformerebbe in un luogo più sereno e spensierato, dove apprendere con spontaneità e libertà. Forse così la scuola comincerebbe ad assomigliare un po’ di più alla vita reale, distruggendo quei confini così rigidi e fissi che la vedono come unico luogo dove imparare (a memoria) tutto quello che sta fuori nella vita reale.
Forse l’esperienza di André Stern non è per tutti, ma dobbiamo almeno fermarci a riflettere un istante se queste riflessioni ci vengono fornite da un bambino che non è mai andato a scuola.
Forme “libertarie” d’educaziobe sono più facili da seguire e valorizzare quando sei figlio di qualcuno come Stern!Son d’accordo che dobbiamo emozionare e non costringere a memorizzare…ma il giusto sta sempre un po’ nel mezzo, che poi questo mezzo varia da individuo a individuo.
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Sono d’accordo anche io sul fatto che il metodo perfetto non esista e che bisogna prima di tutto guardare il bambino che abbiamo di fronte, ma credo anche che dovremo tutti imparare a giocare un pò di più, nella vita come a scuola, entusiasmarci … prenderci un pò meno sul serio e smettere di voler dare troppo al bambino!
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