Il post del professore Simone Stabilini che riporta d’attualità il problema dei precari della scuola con le ultime notizie di fine anno è un ottimo spunto per riflettere sulla formazione dei docenti e il ruolo che essi hanno o dovrebbero avere nella scuola. Perché sì, uno dei grandi problemi del sistema scolastico italiano è anche la formazione o meglio il reclutamento degli insegnanti, senza parlare di retribuzione.
Il vero problema: la professionalità docente
La questione sembra emergere solo a inizio o a fine anno scolastico o sembra interessare unicamente chi ha figli coinvolti al turn over degli insegnanti, con un cambio di tre-quattro insegnanti a quadrimestre in alcuni casi, ma il problema dei precari della scuola è un problema di tutti perché nasconde una più delicata questione che è quella della scelta del personale docente e della professionalità che si cela dietro questo rilevante e responsabile mestiere.
La difficoltà non è tanto sapere che non avrai quella classe o non potrai rivedere gli studenti con cui quest’anno hai fatto un ottimo lavoro e che magari necessiterebbe ancora di tempo per essere consolidato, la questione è l’impossibilità di sapere se e dove lavorerai il prossimo anno. Questa incertezza quanto pesa sulla formazione professionale e sulla perdita di risorse all’interno del sistema scolastico? Ogni anno si ricomincia da capo e in questo riprendere dal principio, quanto viene perso per strada?
La motivazione all’insegnamento e il reclutamento dei docenti
Non penso che il posto fisso possa risolvere il problema della motivazione, anzi penso sia necessario e utile anche un cambiamento organizzato, ma penso sia assurdo considerarsi in formazione ancora a trentasette anni, dopo anni di studi, lauree e specializzazioni. I precari della scuola non dovrebbero esistere perché dovrebbe esserci un’università che prepari all’insegnamento anche per i gradi secondari di scuola, in modo da poter scegliere questa professione con convinzione e non per necessità dopo aver sperato in altre occupazioni.
È in questi anni di università che dovrebbe avvenire quella formazione seria e completa che dichiari una persona idonea all’insegnamento e dovrebbe essere appunto profonda e autorevole, completa nei vari aspetti non solo disciplinari, ma anche pedagogici, relazionali e di gestione. La formazione in itinere, anch’essa necessaria dovrebbe essere concepita come un di più, una scelta del docente oramai attivo, per migliorarsi, aggiornarsi o completarsi, ma non un sentirsi sempre inadeguato, come accade oggi.
Necessari una conoscenza dell’ambiente e una progettazione di team
I nostri studenti inoltre si meritano una proposta di lavoro qualitativamente alta che si può ottenere solamente con una progettazione pluriennale frutto di una conoscenza delle difficoltà e una chiarezza negli obiettivi da perseguire data dal poter lavorare con gli stessi alunni e con lo stesso team di colleghi per almeno tre anni. L’insegnamento, non dimentichiamocelo, è un lavoro che dovrebbe svolgersi in team e più questo lavora in modo coerente e unitario più si vedono i benefici sugli studenti. Il precariato mette a dura prova anche questo aspetto, non certo secondario.
La parola precariato non dovrebbe più esistere
È tempo di guardare all’insegnamento come una scelta professionale seria e altamente specializzata, non come alla scelta fortunata ma di seconda preferenza che permette di avere i pomeriggi liberi e le estati a casa. Anche perché così non è: per svolgere in modo seria questa professione i pomeriggi a casa si impiegano nello studio di strategie e proposte per vivere bene in classe e valorizzare e stimolare gli studenti. I precari della scuola non dovrebbero più creare notizie.