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Teorie sulla motivazione al lavoro, come applicarle a scuola per migliorare gli apprendimenti

Ricomincia l’anno scolastico, si rifanno vive le preoccupazioni di insegnanti e genitori su come motivare bambini e ragazzi e trascorrere un anno sereno senza ansie, lotte e guerre senza fine per portare a termine compiti e studio. La motivazione è il motore dell’apprendimento ci hanno insegnato varie teorie: ma quanto noi adulti educatori siamo motivati nello svolgere il nostro lavoro e proporre attività ai ragazzi? E soprattutto che cosa spinge questa motivazione a salire o scendere?

La motivazione è interna oppure esterna

Cerchiamo di motivare gli altri proponendo sempre attività nuove e diverse, vogliamo sorprendere, catturare l’attenzione, vogliamo essere efficaci e divertenti e alle volte per rispondere a queste, false, necessità perdiamo di vista i veri obiettivi e bisogni dei bambini e ragazzi. Chiediamoci allora se la motivazione è un fattore interno o esterno all’essere umano e se vada di pari passo con necessità e voglia di conoscenza che è propria della nostra specie. Se osserviamo il bambino piccolo possiamo accorgerci subito quanto questa spinta sia interna e naturale: prestiamo attenzione a come e quando apprende le facoltà di base camminare, parlare. E cosa fa l’adulto per motivare questo apprendimento? Sostanzialmente nulla di particolare: dà il suo esempio e da questo esempio il bambino apprende nella spontaneità.

Il ruolo dell’ambiente

L’ambiente gioca un ruolo cruciale poiché può ostacolare o incentivare, meglio accompagnare, la spinta motivazionale ad apprendere. Pensiamo ad un ambiente povero di stimoli e non accessibile ai bambini: materiali poco interessanti, privi di caratteristiche particolari per cui possono catturare la vista, al tatto omogenei, senza profumi e neutri all’udito e al gusto. E magari fisicamente irraggiungibili. Pensiamo anche a un ambiente privo di parole, dove non ci sono dialoghi o non c’è l’abitudine a leggere: questo ambiente non potrà certo essere stimolante per la produzione e la formazione del linguaggio. Oppure di un linguaggio ricco e articolato.

Che cosa motiva l’insegnante?

Ora poniamoci un’altra domanda: se noi motiviamo, o meglio attiviamo la motivazione interna, attraverso l’esempio, quanto a nostra volta ci sentiamo motivati verso quello che proponiamo o chiediamo di realizzare ai nostri studenti, ma anche ai nostri figli? Gli obiettivi del perché svolgere un determinato compito, dell’apprendere un concetto, una conoscenza ci sono sempre chiari oppure confondiamo il divertimento fine a se stesso o peggio l’obbligo, la routine con la risposta? Cosa motiva noi insegnanti a svolgere il nostro lavoro con entusiasmo, passione, costante interesse?

Il più grande segno di successo per un insegnante… è poter dire: i bambini stanno lavorando come se io non esistessi.

M. Montessori

Il ruolo motivazionale dell’insegnante

Questo dev’essere il nostro compito, il motivo che ci spinge a preparare con cura l’ambiente circostante, non in maniera spettacolare e appariscente, ma rispondente alle necessità e ai bisogni particolari di ogni bambino e ragazzo nel suo sviluppo. Ci spinge ad annullarci, a farci piccoli e scomparire, per porre l’attenzione non su di noi, trasmettitori di conoscenza, ma sulla qualità delle proposte da mettere a disposizione, rendendole appetibili e disponibili, riprendendo l’esempio sopra citato, mettendole alla portata dei bambini e ragazzi. Che fuori di metafora significa dare a ognuno ciò di cui ha bisogno in quell’istante.

Così può riassumersi la mia teoria sulla motivazione al lavoro per il genere umano, di qualsiasi età.

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