In questi mesi di attesa e di riflessioni, in questi mesi in cui ho potuto stare a casa in aspettativa per capire cosa fare della mia vita, ogni volta che esprimevo a qualcuno la mia intenzione di abbandonare il posto fisso per avventurarmi nella libera professione e cercare di fare delle mie passioni il mio futuro lavoro, mi sono sempre trovata davanti occhi sgranati e interrogativi. Seguiti subito dopo dalla fatidica espressione “ma sarai mica pazza!” “Lasciare un posto fisso, pensaci bene!” Di contro in me sorgeva una domanda spontanea: ma le persone comuni cosa sanno del ruolo dell’insegnante? Come lo vedono e lo percepiscono?
Un lungo elenco di privilegi
C’è poco da fare, purtroppo, per i più gli insegnanti sono visti ancora e soprattutto come quelli che si possono permettere tre mesi di vacanze pagate, considerando la pausa estiva e le vacanze invernali. Per non parlare di un altro lungo elenco di agevolazioni che va dalla possibilità del part-time, alla maternità prolungata, alla malattia pagata, ai pomeriggi a casa. Letto così, ad un primo impatto non può che essere percepito che come un posto privilegiato.
Poi ci sono quelli che se contesti rispondono che comunque lavoriamo in una bolla dorata, non sappiamo cosa succeda fuori, nel reale mondo del lavoro, perciò dobbiamo solo essere contenti di quello che abbiamo e non permetterci di contestare perché c’è di molto peggio. E questi forse sono i peggiori.
Cosa fa di un lavoro un buon lavoro
Forse sarebbe giusto chiedersi cosa fa di un lavoro un buon lavoro, gratificante e soddisfacente. Non è detto che lavorare poco, in termini di ore, sia la priorità assoluta. Tutti i lavori hanno i loro lati positivi e negativi, i pro e i contro variano da individuo a individuo. Questo significa che la stabilità non è un parametro che a priori è gratificante per tutti.
Anzi questo sarebbe un aspetto da approfondire. In una società in continuo movimento, in cui tutto cambia alla velocità della luce, in questo paese reputiamo ancora un valore aggiunto la stabilità del posto fisso.
La staticità di un lavoro che non premia i progressi
Questo pensiero mi lascia abbastanza sgomenta. Soprattutto mi lascia sgomenta la staticità stessa del lavoro di insegnate come strutturato nel nostro sistema. Non c’è praticamente possibilità di movimento interno, non c’è possibilità di movimento alcuno. Quando la professionalità stessa del lavoro richiederebbe duttilità, adattabilità e cambiamento. Se non altro per adattarsi alle generazioni che cambiano.
Un insegnante dopo dieci anni svolge lo stesso identico lavoro senza possibilità di cambiare.
L’insegnamento dovrebbe essere un mestiere creativo
Si certo, è vero che i bambini sono sempre diversi e che le attività proposte sempre nuove, adattandosi a nuove esigenze, ma altro non cambia. Invece quello che dovrebbe cambiare è proprio l’involucro, che dovrebbe potersi adattare con facilità alle nuove esigenze e richieste e soprattutto essere in grado di stimolare la creatività di chi la scuola la fa.
Perché l’insegnamento è il mestiere più creativo del mondo o così dovrebbe essere. L’insegnante dovrebbe rivestire il ruolo di creatore e dispensatore di cultura, con la C maiuscola, perciò dovrebbe essere stimolato a sua volta a studiare e aggiornarsi, in tutti i campi, quello personale compreso.
Qual è il ruolo dell’insegnante oggi
Il ruolo dell’insegnante oggi è essenzialmente quello del sorvegliate burocrate che però allo stesso tempo deve saper proporre attività interessanti e divertenti alla classe; deve capire, comprendere, aiutare i suoi alunni e soprattutto non può lamentarsi perché ha comunque molte più ferie di chiunque altro lavoratore.
Il tempo libero è certo importante, da poco ho letto un’affermazione di un noto scrittore che sosteneva che il tempo non è denaro, ma il denaro. Peccato che diventi tale solo quando è realmente gestibile da se, non imposto, concesso. E soprattutto non quando ci arrivi sfinito e stressato.
Il tempo è libero quando puoi gestirlo tu
Nessuno dovrebbe accontentarsi dei privilegi che ha semplicemente perché altri non se li possono permettere, ma tutti dovremmo puntare sempre a migliorare la nostra situazione. Siamo tutti diversi e le esigenze di benessere sono così personali, che ciò che procura serenità a qualcuno, non la procura ad altri. Personalmente trovo insopportabile dover spendere il mio tempo libero, che allora libero non è, nel compilare documenti su documenti che nessuno mai leggerà. Lo trovo veramente una perdita di tempo.
Trovo una perdita di tempo mettermi seduta alla scrivania a correggere scritti non vedendo l’effetto efficace di tale correzioni. Quanti errori riusciamo a correggere, eliminare, risolvere con la tecnica del compito in classe e delle correzioni in rosso? L’inefficacia è dimostrata anche dalla scienza, eppure il sistema permane. Perché non utilizzare tutto questo tempo libero per studiare, approfondire, ricercare e migliorarsi portando reale aiuto ai bambini?
L’insegnate rischia di diventare un burocrate
Il ruolo dell’insegnante oggi è essenzialmente quello di un burocrate, che non può e non deve lamentarsi, perché tanto ha molti privilegi. Che deve essere creativo senza potersi realmente aggiornare, che deve comprendere senza sapere di pedagogia e psicologia; che deve sapere gestire emozioni senza che nessuno glielo abbia mai spiegato. Che deve accontentarsi di uno stipendio che è comunque alto rispetto alla media, anche se ridicolo se confrontato con i propri colleghi europei.
Per fortuna moltissimi insegnanti non ci stanno, si ribellano, si mettono in gioco, e si iscrivono a corsi su corsi per avere strumenti a loro disposizione e migliorare la propria qualità del lavoro. A proprie spese, chiaramente.
La scuola ha bisogno di un cambiamento, urgente.